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Two Sounds
Pittrice astratta di formazione rigorosamente classica. Dopo un esordio in cui rivisita in chiave moderna la concezione centrica della spazialità rinascimentale, Mainieri viene nel tempo catturata dall’estetica orientale, fondata su sottili e raffinati criteri formali di rigore e di sintesi.
Dal tentativo di disciplinare contemporaneamente mente e gesto nascono le recenti opere dell’artista che portano titolo Sound, le quali rappresentano la volontà, nell’istante del fare pittorico, di porsi in un’attitudine ricettiva nello sforzo di vibrare all’unisono con il flusso di energia cosmica. Tutto l’universo è energia che vibra a diverse frequenze. Il Suono diventa dunque un riflesso, una vibrazione su cui sintonizzarsi con consapevolezza e nitidezza psichiche.
Percorsi fra visione e realtà, Roma, Sale del Bramante (a cura di Arte Borgo Gallery) , aprile 2017
ARTmine Review
Francesca Romana Mainieri is a painter whose work is an intriguing and delightful amalgamation of traditional and contemporary styles. With a focus on the archetypal images of Western painting, Mainieri works in chromatic layers, often utilizing a glazing technique typical of the Flemish School. Producing work on canvas in triptych or diptychs she refers to as "walls", Mainieri´s hybrid style melds classical mediums - powdered pigments, egg tempera, linseed oil, boles, gold and silver leaves - with acrylic. To obtain the craquelure look of ancient paintings she collages textiles or crumpled, multihued paper into the canvas. In her recent work, she explores the signs of Japanese and Chinese calligraphy. Rendered in a simple, elegant schema - Verona green, ultramarine, bronze, maroon and dusty gold - Mainieri´s paintings are monumental in size and of a tasteful, immeasurable solidity.
Francesca Romana Mainieri was born in 1958 in Rome, Italy. She received her Master´s in Art History at the La Sapienza University of Rome and is a professionally trained restorer of wall paintings.
Nellie Scott, Agora Gallery, New York 2010 - 2011
Parete Oltremare Artificiale
(finalista Mostra Internazionale Villa Gualino – Torino 2011)
Al di là dell’immagine, dei confini, delle sembianze, l’arte di Francesca Romana Mainieri irrompe nella realtà del pensiero con il colore e la raffinata poesia del gesto creativo, che diventa simbolo e strumento sovrumano dell’artista per raccontare se stessa e gli altri, l’universo di speranza e illusione che travalica l’esistenza. La sua parete diventa un’icona che permette all’umano di incontrare l’ignoto, il sacro o laico poco importa, perché è nello spirito dell’autrice il desiderio di cogliere l’emozione di un incontro al di là dei confini del reale. Un’arte tra modernità, passato e sperimentazione.
Guido Folco, ItaliaArte, Torino
Declinazione colore
Esponente dell’astrazione geometrica, Francesca Romana Mainieri esordisce nella scena artistica nazionale e all’estero nel 2007.
In questa occasione presenta una produzione incentrata su superfici essenzialmente monocromatiche: le “Pareti”, pannelli smontabili, modulari, in cui la dimensione delle opere si fa importante e la sua ricerca approda a soluzioni informali.
Superata la fase più materica, quando arricchiva il processo pittorico di “oggetti” quali carte increspate, veline, foglie d’oro e anche tessuti e stratificava sulle sue tele rugosità, striature e spessori, Mainieri, sapiente esecutrice di tecniche antiche, affida ormai a esse il compito di veicolare la sua esigenza di colore, esigenza che, alla base della sua pittura, è scelta per necessità interiore. L’artista è consapevole che si possano esprimere strati profondi della persona, sia corporei che psicologici, attraverso vibrazioni cromatiche.
Mainieri tuttavia va oltre il tema del coinvolgimento estetico ottenuto con un solo colore, come accadeva nella scena artistica degli anni ’50, perché nei suoi “monocromi” ottiene una percepibile varietà di gradazioni grazie ad una pittura che rielabora le finiture alla fiamminga. Opera, in sostanza, più passaggi che si traducono in velature successive di vernici pigmentate e ottiene così il risultato di mostrare effetti smaltati non disdegnando i più comuni e moderni acrilici, insieme ad argille,polveri e olii.
Nonostante si distingua per una formazione e una cultura assolutamente classica e occidentale, l’artista romana scopre di prediligere il pensiero giapponese nelle sue articolazioni di essenzialità ed eleganza minimalista.
Ma le sue tele si percorrono e si penetrano, perché su di esse ritorna lo sguardo ogniqualvolta la visione passa da un pannello all’altro di ogni singola opera, affiancati quindi nella modulazione senza soluzione di continuità, pur se godibili singolarmente nelle loro molteplici varietà espressive.
La sua è un’idea di colore dirompente e intensa, ma mai brusca
Si può notare che, in tal senso, l’artista faccia sua l’affermazione di Josef Albers, secondo cui “un colore non è mai percepito in quanto tale da un punto di vista fisico, per questa ragione è il mezzo più soggettivo nell’arte”.
E, attraverso le declinazioni del colore, Mainieri mostra se stessa e le emozioni che la animano, senza reticenze.
Simonetta Milazzo, Roma 2012
Tecnica ed istinto, il benessere nella pittura
Esordisce nella scena artistica nazionale e all’estero nel 2007. Colore, forma e materia dominano la superficie pittorica in una organizzazione prospettica in cui prevale il rigore dell’organizzazione spaziale rinascimentale e dove, in un primo momento, il quadrato è per lei quasi un imperativo.
A volerla incasellare, la sua opera potrebbe essere situata nell’ambito dell’astrazione geometrica. Almeno fino ai più recenti lavori, prevalentemente monocromatici, dove comincia a introdurre un segno: Kakemono è il titolo dell’opera. Grazie all’applicazione del colore, il pittogramma, usato come elemento calligrafico e posto proprio di fronte a chi osserva, mantiene la sua centralità ed esprime non un concetto o una parola, bensì gusto ed eleganza, assumendo le sembianze di uno scritto .
Poi realizza le recenti “Pareti” e Sakura Wall, pannelli smontabili, modulari e in cui la dimensione delle opere si fa più importante.
In Cina, dove si reca perché inviata ad assolvere compiti di restauro nella Città Proibita di Pechino, riceve un’impressione profonda che funzionerà da stimolo nella sua pittura successiva, insieme all’essenzialità e all’eleganza minimalista giapponese, di cui predilige anche il pensiero, nonostante una formazione e una cultura assolutamente classica e occidentale.
Quando il processo pittorico iniziale si arricchisce di materie – carte increspate, veline, foglie d’oro – utilizza anche tessuti ripiegati e sovrapposti per ricordare i kimono, simili a quelli musealizzati, che intitola Kariginu, di ispirazione teatrale giapponese, spago e ancora vinavil a legare polveri e pigmenti acrilici, ma trattati con tecniche e procedimenti di esecuzione di antica derivazione, di cui padroneggia segreti e modalità.
Votata al colore, ad un’idea di colore che è dirompente e che libera la mente, scopre di avere delle passioni che le provocano emozione e la ispirano nell’esecuzione: il rosso della lacca giapponese e il blu oltremare. Ritiene che strati dell’interiorità della persona, sia corporei che psicologici, corrispondano effettivamente a vibrazioni cromatiche. “Scegliamo i colori – dice- anche sulla base di necessità interiori e abbiamo bisogno di esprimerle”. In questa accezione il blu corrisponde al chakra della creatività e l’oro richiama l’opera alchemica che si conclude nella fase finale della rubedo e da cui si deriva il rosso che era l’elisir della funzione medicamentosa e da cui scaturiva infine l’oro.
Francesca Romana Mainieri conferisce un particolare significato ai formati delle sue opere, che considera elemento essenziale anche per l’esperienza visuale.
Con il suo Spectrum, sei tele in acrilico, pigmento ventilato, pastelli colorati e vernice pigmentata – di cui alcune realizzate per l’occasione - presenta strutture tradizionali compatte, minimaliste, elementi organizzati in centro, margine e prospettiva. Di forma quadrata, con distinte zone cromatiche, hanno titoli dedotti dai nomi dei pigmenti, Lacca Urushi, Ossido di ferro, Orpimento, Ossido di rame, Oltremare artificiale, Lacca di garanza, quasi riformulazione di antiche ricette alchemiche.
Mainieri rivisita antiche alchimie e se ne avvale nella sovrapposizione di stesure cromatiche che si richiamano ai rapporti fondanti dell’arte cinese e giapponese.
Con il medium acrilico Mainieri ribadisce un’unità ritmica . un ordine in cui propone sequenze da ripercorrere in continuum. Immagini che attingono ad un repertorio che si avvale di trasparenze e colori densi nell’astrazione cromatica. Nelle sue opere si rintraccia un’adesione a correnti intuitive ed emozionali, pur filtrata attraverso una solida consapevolezza intellettuale.
Simonetta Milazzo, Solve et coagula, Loft espositivo Entasis, Roma 2011
Black Tao – White Tao
Storica dell’arte e restauratrice, dopo una lunga carriera istituzionale a contatto diretto con l’opera d’arte, dal 2007 Mainieri si confronta in prima persona con il panorama della pittura astratta internazionale. L’artista romana realizza campiture di un’espressività fortemente cromatica, nelle quali riaffiorano suggestioni della consunta materia pittorica e della corrosione delle patine metalliche.
Dopo un esordio in cui rivisita in chiave contemporanea la concenzione centrica della prospettiva occidentale, Mainieri approda a forme rotonde, manifestazione di uno spazio cosmico di valenza universale.
Una pittura astratta di matrice minimalista, senza distrazioni, la quale rievoca espressioni figurative proprie della cultura orientale e richiama al raccoglimento interiore, creando le condizioni per la concentrazione e la percezione del significato intimo dell’esistenza.
L’astrattezza della sfera, rielaborazione del simbolo del Tao, si manifesta in questi dipinti come una gigantesca luna su un volume vuoto costruito di luce. La forma circolare sottolinea uno spazio dell’anima caratterizzato dalla nullità, il vuoto che è anche il pieno, un vacvvm silente in cui riflettersi e ritrovarsi. La recente opera pittorica dell’artista pone l’osservatore di fronte ad uno specchio immaginifico - un tempio fuori dal tempo e dallo spazio - per indurlo a ricercare se stesso “ascoltando” la sacralità del “silenzio”.
Arte Borgo Gallery, Rome, December 2016